Mi sto antipatica da sola
Le trappole che inchiodano alcuni genitori, generalmente mamme, in un ruolo che va loro stretto
Indice
Una mamma “noiosa”?
Il genere centra qualcosa?
I bambini preferiscono il genitore più permissivo?
Licenziamo il poliziotto buono e il poliziotto cattivo
Una mamma “noiosa”?
Ha ascoltato la domanda che le ho posto, ha spinto la testa leggermente all’indietro, ha socchiuso le labbra e ha inizio a dire: “Io sono una mamma…” ha esitato, poi ha aggiunto con espressione triste: “Rigida, sono una una mamma rigida”.
A quel punto ha continuato come un fiume in piena. “Sono una mamma noiosa, una mamma che dice costantemente cosa si deve fare. Sono il genitore del no e delle regole. Mi sto antipatica da sola ma se non lo faccio io non lo fa nessuno. Mio marito gioca con loro. Torna a casa la sera e si mette lì sul tappeto: ridono, si saltano addosso, si divertono. E poi arrivo io a riprendere tutti perché è ora di andare a letto”.
Il racconto di sé che mi ha fatto una mamma qualche giorno fa è uno di tanti molto simili che ascolto ogni giorno. Non è la situazione che si trova in tutte le famiglie, ma tantissime mamme si sentono intrappolate in un ruolo che non piace loro e verso il quale sentono di non avere scelta:
quello che spesso viene definito come “il poliziotto cattivo”.
Stiamo parlando di genitori che desiderano educare con rispetto, che si informano e fanno scelte consapevoli, e che per questo si sentono ancora peggio quando si ritrovano a innervosirsi e alzare la voce per far rispettare l’ora della messa a nanna o la regola che dice che non si mangiano caramelle prima di cena. La frustrazione è tanto più grande quando si ha la sensazione di essere sole in questo ruolo, mentre l’altro genitore si gode “il lusso” di una genitorialità più semplice e leggera.
“Ciao Elisa, come fare per non sentirmi così "mal capita", passami il termine, perché non mi viene in mente nulla che possa descrivere il mio stato d'animo. Quando vedo i miei figli cercare di più il papà. Perché gli fa fare e gli compra tutto quello che vogliono. Ed io sono più per le regole, il mangiare bene, i compiti?” Francesca
“Cerco sempre di coinvolgere mio marito nel far rispettare le regole anche se per lui non è così spontaneo… tante volte mi dico “perché devo sempre essere io la cattiva oppure devo rimediare al lassismo degli altri?” Perché accondiscendere sempre è così facile…” Rita
“Genitore separata, quando mio figlio dopo il weekend passato dal papà mi dice che si diverte di più da lui... Invece io sono quella "severa." Marta
“Io devo fare sempre il poliziotto “cattivo” ricordare le regole a tutti, anche a mio marito. Vorrei solo lasciarmi andare a volte, ma se mollo, come ho provato a fare, l’educazione va a rotoli.” Alessandra
Ci sono case in cui la situazione è capovolta: quando i papà hanno la sensazione di non avere accanto una compagna capace di far rispettare le regole diventano più rigidi per lo stesso motivo citato sopra: perché sentono che se non lo fanno loro non lo farà nessuno e i figli cresceranno disregolati o maleducati. Da fuori può sembrare che ci siano persone naturalmente più rigide di altre, ma la questione centrale sono i valori, ciò a cui diamo importanza e il modo in cui questo si riflette nella relazione con i nostri figli e il nostro partner.
Gli esseri umani tendono ad attribuire più o meno valore alle cose in base all’indole, all’esperienza, all’educazione ricevuta, alla necessità del momento, all'utilità percepita, significato emotivo o simbolico che vi associano e così via. Ciò a cui attribuiamo più importanza diventa oggetto di maggiore attenzione nella relazione con i nostri figli. Questo è il modo in cui ciascuno di noi cerca di crescere individui sereni, responsabili e competenti. Quando all’interno della coppia uno dei due attribuisce maggiore importanza ad un aspetto (es. la puntualità o l’alimentazione) tenderà ad avere standard e aspettative più alte su quel tema. Viceversa, la persona che ritiene che quelle cose non siano così fondamentali o non lo siano in quel preciso momento, tenderà ad essere più flessibile. Maggiore è la distanza dei due componenti della coppia su un dato argomento, più è probabile che il genitore per cui è importante si irrigidisca, sentendosi l’unico incaricato di occuparsi di quell’aspetto.
Il genere centra qualcosa?
Questa dinamica si riscontra in tutte le famiglie, comprese quelle omogenitoriali. Nelle coppie eterosessuali può tuttavia essere esacerbata da convinzioni culturali e stereotipi di genere.
“Mia figlia di 10 anni mi ha detto ‘Perché tu e babbo non vi invertite? Tu vai a lavoro e lui sta a casa con noi. Lui è divertente e tu sei noiosa’.” Martina
Ho chiesto a Zaira Schauwecker un intervento su questo aspetto a seguito di alcuni nostri scambi via messaggio. Zaira è un’ingegnera meccanica e non è la prima volta che la cito qui perché i suoi interessi, la sua esperienza e una dose di rabbia ben incanalata l’hanno portata ad approfondire le tematiche legate agli stereotipi di genere e ad avviare una preziosa attività di divulgazione in cui parla sia di come crescere bambini più liberi dagli stereotipi sia come costruire, un pezzettino alla volta, relazioni più eque.
Condivido con voi ciò che mi ha detto Zaira:
Statisticamente, è più probabile che sia il genitore primario a ricoprire il ruolo del “poliziotto cattivo” e per una questione di ruoli di genere, questo è solitamente il ruolo delle madri. La madre è dunque in genere la principale responsabile dell’educazione della prole: è lei che fa fare i compiti, rispettare le regole, insiste che si assaggi la verdura nel piatto, … Si tratta di un carico sfiancante, visto solo da chi trascorre molto tempo con i figli e le figlie. E anche se il tempo trascorso dai genitori con la prole è più o meno lo stesso, le madri spesso si sentono più responsabili dei padri dell’educazione in casa. Anche perché, pensateci: a chi vengono solitamente recriminati i misfatti dei figli e delle figlie? Generalmente, in questi casi si va a ricercare una responsabilità presso la madre; i padri non li si calcolano nemmeno. E chi subisce il mancato rispetto delle regole e delle routine? Il genitore primario.
Quindi sì, le mamme hanno anche delle buone ragioni per far rispettare le regole; e tanto meno supporto ricevono dall’altro genitore - quando c’è - tanto più si creerà questa dinamica del “poliziotto cattivo” e “poliziotto buono”.
Una dinamica che trovo profondamente ingiusta: si spendono molte energie per la parte meno gradevole della genitorialità, diventando il genitore noioso e severo; mentre il genitore più intuitivo e leggero è visto come l’eroe divertente. Lo squilibrio è enorme.
Una soluzione è sicuramente quella di rendersi conto di queste dinamiche e cercare di trovare un punto di incontro. Il “poliziotto cattivo” potrebbe delegare qualche compito percepito come noioso e ingrato al “poliziotto buono”, mentre il “poliziotto cattivo” potrebbe darsi il permesso di vivere dei momenti meno operativi e più leggeri con le piccole persone di casa. La situazione potrebbe ribilanciarsi abbastanza da poter lasciare andare qualche etichetta come “divertente”, “pesante”, “buono” o “cattivo”.
“Il mio bimbo mi chiede tutto il giorno se sono arrabbiata… perché sono stanca e seria e magari penso a mille cose... a volte lo riprendo senza alzare la voce ma sono visibilmente infastidita con tutto il carico addosso della giornata. Mio marito lavora tanto ma quando c’è passa la mattina in esclusiva con lui (...) Io non lavoro e mi occupo dei bimbi, non ho nessun aiuto e a volte (soprattutto come questi giorni che il piccolo sta male), mi pesa davvero tutto e sono davvero ko. Non ce la faccio a sorridere ma solo a sopravvivere e mi sento così in colpa perché penso che mio figlio penserà sempre che il padre è fantastico e io una che sta ingrugnita. Ah ovviamente ora sono fuori e fanno colazione al bar, cosa che ad un’ora dal pranzo io non farei mai.. quindi con lui senza regole.” Lorena
Lo sbilanciamento del carico mentale all’interno della famiglia influenza significativamente il modo in cui ognuno può e riesce a relazionarsi con i bambini. Se vuoi approfondire il tema del carico mentale ti consiglio la newsletter di dicembre di Zaira, che trovi qui.
Nelle coppie in cui il carico è diviso in modo più equo c’è in genere meno frustrazione, ma rimangono una serie di differenze che possiamo comunque associare al genere. Generalizzando, e quindi rischiando che qualcuno non si rispecchi in ciò che sto per scrivere, posso dire che tante donne e madri tendono ad attribuire grande importanza ad aspetti molto concreti della vita familiare quotidiana quali appunto l’alimentazione, le routine, l’uso degli schermi, gli impegni scolastici e sportivi ecc. mentre hanno più fiducia nel fatto che i bambini impareranno nel tempo le competenze sociali ed emotive di cui avranno bisogno da adulti. Molti uomini e papà invece sono più rilassati su aspetti pratici e diventano più esigenti quando si parla magari di competenze che serviranno ai bambini nel lungo periodo, quali il coraggio, l’intraprendenza, l’autonomia e la capacità di regolazione emotiva.
Questo rende le mamme (sempre generalizzando!) più rigide su cose che per i papà sono trascurabili e i papà più rigidi su cose che per le mamme sono ancora premature e fa sentire ciascuno poco capito e supportato.
I bambini preferiscono il genitore più permissivo?
“(...) I miei bimbi addirittura mi dicono ‘sció via mamma’ oppure che non mi vogliono e quando sono sola con loro a volte piangono che vogliono il papà”. Lorena
“(...) Capita spesso nell’ultimo mese che quando viene ripreso o non gli viene concesso qualcosa che vuole, risponda io voglio papà”. Francesca
Le ricerche sull’attaccamento (Bowlby, Ainsworth) mostrano che i bambini attribuiscono grande valore alla sicurezza emotiva e a confini chiari e coerenti. Anche se non sempre lo dimostrano e raramente lo esplicitano, quello di cui hanno fondamentale bisogno (e che possono essere liberi di sfidare solo quando c’è) è una figura di riferimento affidabile, che offra sia conforto che direzione. L’elemento della coerenza è alla base della prevedibilità che determina il senso di sicurezza.
Gli studi sugli stili genitoriali (ne ho parlato qui, sul blog) hanno messo in luce che sebbene un approccio permissivo possa inizialmente sembrare più desiderabile per i bambini, nel lungo termine lo stile autorevole è associato ad una maggiore probabilità di esiti positivi ed è quindi quello di cui i bambini beneficiano maggiormente. Ma per rispondere alla domanda in modo più preciso, lo stile autorevole è anche quello che porta a collocarsi come punto di riferimento nella relazione nel lungo periodo (su questo punto la correlazione è meno chiara perché la relazione è influenzata da numerosissime variabili nel corso del tempo).
Quando raccoglievo su Instagram sfoghi e paure su questo tema mi ha scritto Gaia, mamma e psicoterapeuta che ci teneva a dire: “Vorrei rassicurare questa madre: sta rivestendo un ruolo molto scomodo, ma che è la base per la salute mentale di suo figlio anche quando sarà adulto!”
“Certo che ai bambini fa gola avere tutto quello che vogliono, ma tornano sempre da chi è “casa” per loro regole comprese. Alle regole andrebbero abbinati dei bei momenti di condivisione in modo che i bambini non vedano in un genitore solo le regole e nell’altro solo il divertimento. Lasciamoci andare anche a dei momenti liberi da regole: si mangia seduti a tavola, sì, ma ogni tanto organizzare un pic-nic in salotto crea un ricordo bellissimo e un'esperienza di condivisione indimenticabile per i nostri figli.” Jessica
Il punto non è buttar via le regole. Gli elementi su cui lavorare quando ci sentiamo “il poliziotto cattivo” sono:
il modo in cui facciamo rispettare le regole o reagiamo quando non vengono rispettate
il resto, ovvero di cos’altro è fatta la relazione con i nostri bambini, oltre che di regole?
Entrambi questi punti sono influenzati dal carico mentale.
Una persona oberata, che prova risentimento, si sente sola e priva di energia, non ha né la lucidità per riflettere sulla propria autorevolezza né la creatività per trovare nuovi modi per connettersi ai suoi figli. E questo è terribile perché quella persona è finita in quello stato proprio cercando di prendersi cura dei suoi figli con tutte le proprie risorse.
Lavorare sul carico mentale e sul benessere delle mamme è una responsabilità prima di tutto collettiva, culturale, sociale e politica. C’è però anche una parte su cui possiamo (e dobbiamo) lavorare tutte e tutti, ognuno nella propria famiglia, da subito. L’iniziativa dei padri è fondamentale.
Coaching per genitori
Piccola pausa prima di concludere la newsletter per ricordarti che se vuoi lavorare insieme a me per migliorare un aspetto della vita familiare o della relazione con i bambini che ti affatica o non ti soddisfa, puoi intraprendere un percorso di parent coaching grazie al quale ti accompagno nella definizione e raggiungimento dei tuoi obiettivi di genitore, lavorando con te sul potenziamento delle competenze e delle qualità che influenzano la tua autorevolezza. Se vuoi sentirti più efficace, comunicare con rispetto, gestire meglio la tua rabbia e frustrazione, capire i comportamenti di tua figlia o figlio, lasciarti alle spalle minacce e punizioni o anche lavorare in coppia per trovare un approccio comune, io posso essere al tuo fianco.
Se preferisci iniziare con qualcosa di più semplice di un percorso di coaching, ti propongo questo workshop dal titolo “non mi ascolta”. Si tratta di una sessione in gruppo della durata di 90 minuti in cui affrontiamo insieme uno degli aspetti più frustranti della genitorialità, ovvero quando i bambini ignorano le nostre indicazioni. L’incontro è online, live e interattivo, il costo è solo 29€ a persona o coppia e puoi scegliere se partecipare in orario diurno o serale. Se ti piace o ti incuriosisce il mio modo di lavorare, ti aspetto!
Licenziamo il poliziotto buono e il poliziotto cattivo
Utilizzare termini come “poliziotto buono” e “poliziotto cattivo” per parlare o anche solo per pensare ai nostri ruoli non aiuta perché:
etichetta i genitori fungendo poi da bias di conferma (qui, sul blog, ho spiegato cosa sono e come influenzano la genitorialità)
aumenta la distanza tra i genitori e crea polarizzazione su singole posizioni anziché incoraggiare il dialogo e la ricerca di un accordo
confonde i bambini che, in mancanza di coerenza, fanno più fatica a capire cosa è giusto e sbagliato e cosa è accettabile o meno all’interno della famiglia
pone i bambini in una posizione difficile perché imparano rapidamente a far leva sul genitore più permissivo per ottenere ciò che vogliono rischiando di inasprire le tensioni nella coppia genitoriale
crea una percezione distorta della realtà perché il genitore più severo viene etichettato come il "cattivo" della famiglia e quello più permissivo come il "buono," mentre per tutto quello che abbiamo visto, la realtà è molto più complicata di così
Invece di schierarsi su fronti opposti, serve comprendere il punto di vista dell’altro e trovare un terreno comune:
Allineamento. Parlare. Ascoltare. Capire esigenze, paure e priorità dell’altro. Ritrovarsi allineati sugli obiettivi di lungo periodo e ridefinire gli accordi per il breve periodo.
Coerenza. Partendo dalla definizione di un approccio educativo (possibilmente improntato all’autorevolezza), concordare regole ed eventuali conseguenze tra genitori stabilendo standard comuni senza necessariamente eliminare ogni differenza.
Squadra. Presentarsi uniti davanti ai bambini, che possono conoscere caratteristiche individuali e preferenze di ogni genitore, ma che non devono avere la sensazione di potersi approfittare di uno a spese dell’altro.
Leggerezza. Quando ci sentiamo allineati sugli obiettivi e sicuri sul supporto reciproco è molto più facile lasciarsi andare a momenti di divertimento e confusione senza temere di perdere il controllo della situazione.
In questo modo, il bambino percepirà entrambi i genitori come figure di supporto, capaci di guidarlo con equilibrio e affetto.
Se siete motivati verso un cambiamento positivo ma faticate a metterlo in pratica, ricordati che potete chiedere aiuto. Sembra difficilissimo, ma si può fare, a piccoli passi.
Grazie di aver letto fin qui.
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Elisa
che brava che sei Elisa! Un altro aspetto al quale penso spesso (forse ne avevamo anche parlato su Instagram) è che autorevolezza&autorità sono come rocce che per effetto del tempo e dell'attrito si erodono.
Io ovviamente sono il "genitore noioso" e ho fatto pace con questo ruolo, credo di avere capito come compensare questa rigidità ma comunque ho notato che la probabilità di ottenere da mio figlio ciò che gli chiedo con il tempo e le reiterazioni si riduce fisiologicamente. È come se avessi usato i miei "punti autorità". Al contrario mio marito (che si spende su molti fronti ma non sul rispetto di alcune microregole che a me sono molto care) intacca meno il suo plafond di autorità e infatti quando dà una disposizione viene ascoltato e ubbidito (parola orrenda ma hai capito) assai più prontamente.
La mia richiesta è banale e trascurabile proprio perché lo faccio sempre, invece detta da lui suona come una importante novità. Questa specie di magia per cui lui riesce al volo dove io fatico mi fa arrabbiare ogni volta come se fosse la prima 😂
Ciao Elisa, è sempre un piacere leggerti e mi ritrovo con gli scenari descritti. Ho notato anche che un genitore può essere più portato al gioco - ci vuole tanta pazienza a giocare con le barbie, a farsi truccare o fingere di essere un principe in un gioco in maschera, quando vorresti fare altro - rispetto all'altro. Nel frattempo, l'altro genitore sbriga le faccende operative di casa e, a volte, scandisce i tempi di giornata. E' sempre una questione di equilibrio, in cui bisogna cercare di far percepire ai figli che entrambi i genitori collaborano in modi diversi per sostenere l'ecosistema familiare.